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Dieci anni dalla chiusura degli OPG: Riflessioni sulla tutela della salute mentale penitenziaria in puglia

6 Maggio 2024

Con la Legge n. 81/2014 veniva stabilita la abolizione degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) e prevista la attivazione di nuove strutture residenziali per la esecuzione delle misure di sicurezza di persone affette da patologie psichiatriche in stato detentivo (REMS). Nel 2016 entrava in funzione In Puglia la prima delle sei REMS ivi previste. A dieci anni di distanza si tenta un primo bilancio dell’impatto che tale storica innovazione ha complessivamente avuto sulla tutela della salute mentale penitenziaria, anche a seguito dello storico accordo Stato-Regioni del 2008 che sanciva il passaggio di tutte le competenze in materia di sanità penitenziaria dallo Stato (dunque dal Ministero di Giustizia) alle Regioni, e quindi alle ASL.  

Sono passati otto anni da quando nel 2016 è stata aperta la prima REMS in Puglia, più precisamente nel vecchio Ospedale di Spinazzola, comune murgiano della provincia BAT, della cui Azienda Sanitaria in quel periodo ero Direttore Generale. Le REMS erano state introdotte a seguito della chiusura degli OPG disposta dalla Legge n. 81/2014. Per la tutela della salute mentale in ambito penitenziario, questo evento rappresentava finalmente la chiusura di un cerchio aperto nel 2008 con la transizione della sanità penitenziaria dallo Stato alle Regioni a seguito di uno storico accordo sancito in Conferenza Stato-Regioni.

La tutela della salute mentale penitenziaria ha quindi ricevuto due formidabili impulsi, il primo nel 2008 con il passaggio di competenze ai Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) delle ASL, il secondo 2014 con la chiusura degli OPG e la apertura delle REMS. Dal 2008 in poi, per garantire in ambito penitenziario la tutela della salute mentale, spesso associata al trattamento delle dipendenze patologiche, lo schema è stato quello di replicare l’organizzazione di un DSM nella specifica realtà: dunque allocazione di servizi dedicati di tipo ambulatoriale in ogni struttura penitenziaria, oltre che attivazione di una struttura di ricovero per pazienti psichiatrici acuti intra-penitenziaria (in Puglia è attivo il reparto di Lecce). L’attivazione delle REMS interviene quindi nel momento storico in cui i DSM sono impegnati a consolidare questa tipologia di assistenza psichiatrica dedicata, sia ambulatoriale che di ricovero. Tale risposta appariva subito insufficiente rispetto alla nuova dimensione assunta dalla tutela della salute mentale penitenziaria a seguito alla chiusura degli OPG e alla apertura delle REMS.

Dalla postazione di Direttore Generale di una ASL, quel momento venne da me vissuto e interpretato come una fase di grande fermento, in quanto si percepiva la consapevolezza del sistema giudiziario di poter finalmente disporre di strumenti che consentivano di garantire il bisogno di cura e riabilitazione psichiatrica degli autori di reato, ormai al di fuori del contesto manicomiale. Per inciso, un altro segno del grande fermento di quegli anni, fu anche la sottoscrizione da parte della ASL BAT, da me rappresentata come Direttore Generale, di un protocollo di intesa con il Dipartimento Regionale per la giustizia minorile finalizzato a favorire l’assunzione di minori sottoposti a misure giudiziarie da parte di operatori economici partecipanti a bandi di gara indetti dalla ASL, valorizzando così una opportunità prevista dal Codice degli Appalti dell’epoca.

In questa atmosfera di grande fermento, fortemente sollecitato sia dal Ministero Salute che dalla Presidenza della Regione ad attivare la REMS di Spinazzola, ogni ritardo in tal senso fu da me vissuto come un ostacolo alla piena realizzazione di tale disegno. Un disegno che, in una prima fase, avrebbe dovuto limitarsi a garantire il trasferimento dei ricoverati dagli OPG ormai chiusi, ma che ben presto andò ben al di là di tale esigenza, in quanto si registrava una impennata della richiesta di trattamenti riabilitativi in soggetti in stato di detenzione in quanto ritenuti socialmente pericolosi, confermandosi così anche in questo settore il teorema della economia sanitaria secondo cui in sanità l’offerta genera la domanda. In questa nuova prospettiva, si dovettero affrontare con decisione alcuni ostacoli che apparivano realmente insormontabili per la attivazione della REMS di Spinazzola: il grave contrasto con la Amministrazione Comunale dell’epoca, ferocemente contraria alla REMS, risolto con la serietà e la fermezza dei comportamenti anche a costo di qualche sacrificio personale; il problema del modello di gestione reso critico dalla carenza di personale, risolto con una partnership pubblico-privata (governance clinica del DSM, presenza in struttura di liberi-professionisti ad integrazione di quelli pubblici).

 

 

 

 

 

Restava però aperta, ed è aperta ancora oggi, la questione più importante, dato che le uniche REMS attive in Puglia sono rimaste quelle di Spinazzola e di Latiano, quest’ultima attivata dalla ASL Brindisi in convenzione con un gestore privato. La questione era ed è appunto la insufficienza di posti dedicati alla riabilitazione di pazienti psichiatrici provenienti dal circuito giudiziario in regime di detenzione, ovvero quelli che dovrebbero essere i posti delle REMS. In Puglia ne mancano circa 100 al punto che ciò genera una lista di attesa anche superiore ad 1 anno per un ricovero. Una relativa supplenza viene ad oggi garantita da una struttura territoriale attivata dalla Regione Puglia a Manfredonia, definita comunità riabilitativa rafforzata, un ibrido tra REMS e CRAP per autori di reato (comunità riabilitativa psichiatrica per soggetti non in stato di detenzione), dunque un ibrido tra una struttura per sottoposti a misure detentive e una struttura per non sottoposti a misure detentive. Le CRAP per autori di reato sono presenti in tutte le ASL pugliesi e completano la filiera della riabilitazione psichiatrica per autori di reato non sottoposti a misure detentive, in quanto considerati a basso grado di pericolosità sociale.  

In conclusione, otto anni dopo l’apertura della prima (e finora unica) REMS pubblica in Puglia, dieci anni dopo la chiusura degli OPG, sedici anni dopo la transizione della sanità penitenziaria dallo Stato alle Regioni, si può dire che  la riabilitazione psichiatrica penitenziari pugliese ha raggiunto un certo grado di strutturazione, ma risulta ancora gravemente insufficiente a garantire le esigenze di presa in carico delle persone in stato di detenzione per la carenza dei posti in REMS, mentre per i non sottoposti a detenzione tale carenza appare più contenuta, essendo più diffusa la presenza delle CRAP per autori di reato.     

Questa situazione imporrebbe scelte chiare di politica sanitaria, come ad esempio sfidare l’ostilità delle amministrazioni locali alla apertura delle REMS (Spinazzola docet!) e individuare un commissario regionale per il completamento della rete, oppure abbandonare tale progettualità e ripiegare verso la diffusione di strutture come quella di Manfredonia. Questo servirebbe a colmare quella carenza molto grave che si ripercuote nelle carceri, poiché vi determina la permanenza di soggetti con esse incompatibili, ma che non possono andare da nessuna altra parte.   

 Ed è proprio lì nelle carceri, a monte di tale situazione, che la sanità penitenziaria deve quotidianamente affrontare tutto il carico del disagio psichiatrico e di doppia diagnosi con dipendenze patologiche della popolazione detenuta, vero e proprio terreno di coltura nel quale cresce il rischio suicidario, autentica emergenza alla quale occorre dare certamente risposte multi-dimensionali, ma tra le quali resta la priorità di rafforzare i servizi penitenziari di psicologia e di psichiatria, rivedendone i modelli organizzativi e funzionali facendo leva ad esempio sulle opportunità offerte dalla telemedicina.

 

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