All’indomani delle elezioni regionali del 23 novembre 2025, in attesa dell’insediamento del nuovo Governo regionale, il presidente eletto Antonio De Caro, con la chiarezza di visione programmatica che lo contraddistingue, ha già focalizzato la sua attenzione sulle due principali emergenze per la cui soluzione si rendono assolutamente necessarie delle iniziative politiche e di governo da parte della Regione. Parliamo della emergenza idrica e della emergenza sanitaria, quest’ultima rappresentata con il focus sulle liste di attesa, paradigma della capacità di presa in carico da parte del sistema sanitario regionale, e dunque cartina di tornasole della qualità delle politiche sanitarie. Appunti per i primi 100 giorni di governo.
Il panorama regionale in materia sanitaria ci restituisce l’immagine di un perenne cantiere dal quale sta venendo fuori una infrastruttura sempre più definita, frutto delle scelte politiche degli ultimi venti anni di governo regionale, rese possibili anche dal forte contributo assicurato dalla spesa sociale europea nel periodo 2006-2020 e, da ultimo, dalle risorse del PNRR. Risultato di questa enorme combinazione di sforzi è la disponibilità di ospedali nuovi, alcuni già aperti e funzionanti, altri di imminente entrata in esercizio, altri ancora in fase di progettazione esecutiva. Sul versante territoriale, gli anni alle nostre spalle hanno visto lo sviluppo di tante strutture dedicate alla assistenza territoriale, alcune completamente nuove di zecca, altre frutto della conversione di ospedali disattivati in presidi territoriali, fino alla progettazione delle nuove case della comunità previste e finanziate dal PNRR e diffuse in modo capillare in tutto il territorio regionale. Parallelamente gli investimenti portati sul territorio regionale hanno consentito una implementazione tecnologica delle nuove strutture sanitarie adeguata alle esigenze epidemiologiche della popolazione. Ciò nonostante, si registrano sempre i soliti problemi: servizi di pronto soccorso pieni di pazienti in attesa privi di codici di reale urgenza-emergenza, lunghe attesa per accedere paradossalmente a interventi chirurgici di minore complessità, scarsa capacità di soddisfare le attese per ricevere prestazioni ambulatoriali nel rispetto dei codici di priorità indicati dai medici prescrittori (entro 3 giorni per le urgenze, 10 giorni per la brevi, 30 giorni per le visite differibili, 60 giorni per le prestazioni strumentali). E’ giusto ricordare che vi sono alcune condizioni che non aiutano il sistema, quali una relativa carenza di medici e di professionisti sanitari, come anche la limitatezza dei budget destinati all’acquisto di prestazioni da erogatori privati, per cui si verifica l’anomalo crescente ricorso alla libera professione o al privato puro, o peggio ancora, si assiste alla rinuncia a curarsi da parte delle fasce più deboli della popolazione.
In questo difficile contesto, sono presenti però delle opportunità che possono costituire delle basi utili per assicurare una risposta urgente nella fase iniziale del nuovo governo regionale, sulle quali lavorare per consolidare un servizio regionale più performante rispetto alla domanda di presa in carico della popolazione. Eccone una sintesi.
Rete ospedaliera: ferma restando la necessità di portare a compimento la programmazione secondo criteri di sicurezza e appropriatezza, ogni Azienda sanitaria deve essere in grado di conoscere la domanda di prestazioni dei propri assistiti, soprattutto di quelle chirurgiche, per poter garantire una risposta entro i tempi previsti. Per questo motivo è necessario che la Regione detti regole valide su tutto il territorio affinché ogni Azienda si doti di una organizzazione dipartimentale in grado di soddisfare le esigenze assistenziali riconosciute secondo criteri di appropriatezza, che in questo caso porteranno a dover concentrare le risorse negli ospedali di urgenza ed emergenza, e nello stesso tempo a prevedere una diversa organizzazione per i ricoveri programmati non urgenti, privilegiando ospedali di base e presidi territoriali muniti di area chirurgica.
Medicina di Famiglia e Cure Primarie: grazie all’accordo integrativo della primavera 2025, Regione Puglia ha garantito circa 90 milioni di euro alla medicina di famiglia per attivare forme di presenza strutturata all’interno delle strutture distrettuali (studio associato, presidio territoriale, casa della comunità, poco cambia). In questi contenitori, i Medici di famiglia e i Medici di cure primarie, nuova figura della medicina del territorio, devono garantire in maniera integrata una presenza che può arrivare fino alla copertura delle 24 ore per 7 giorni alla settimana. E’ urgente definire regole di ingaggio chiare per le aziende sanitarie, e soprattutto per le direzioni dei distretti sociosanitari che governano questo segmento vitale dell’assistenza territoriale. Questi medici devono essere funzionalmente collegati con gli specialisti ambulatoriali e con gli altri professionisti sanitari, specialmente infermieri e fisioterapisti, ma anche assistenti sociali, per prendere in carico in maniera “primaria”, cioè senza filtri, le esigenze di base della popolazione, specialmente quella anziane, poli-patologica, fragile. Questi medici devono essere formati per l’ecografia di primo livello e per altre diagnostiche di base, onde poter meglio inquadrare da subito il paziente ed evitare che rimbalzi da uno specialista all’altro perdendo tempo. Non solo, ma i pazienti che giungono in pronto soccorso ospedaliero senza un codice di urgenza-emergenza, devono poter essere re-inviati proprio in queste sedi del territorio, ove sottoporsi all’iter diagnostico necessario.
Cure domiciliari e Centrali operative territoriali (COT): è urgente che la Regioni emani le regole che disciplinano il nuovo servizio di assistenza domiciliare finanziato dal PNRR per attivarlo finalmente in maniera omogenea sul territorio, prevedendo le modalità operative con cui i distretti sociosanitari devono assicurare il servizio richiesto e controllarne l’erogazione effettiva. Le COT, previste e finanziate dal PNRR in ragione di 1 per Distretto (ogni 100mila abitanti) devono entrare in funzione quanto prima per mettere in connessione tutti gli attori del sistema con la rete territoriale. A tale scopo, basterebbe ricordare l’enorme quantità di problemi assistenziali che il 118 è chiamato ad affrontare senza che ve ne siano i presupposti: ebbene, in prima battuta le COT devono funzionare proprio come terminale operativo di questa richieste non appropriate che il 118 non può né gestire né allo stato attuale affidare ad altri attori del sistema territoriale socio-sanitario.
Liste di attesa: conosciamo ormai tutto di questo annoso problema, anche i tanti progetti speciali che sono stati messi in piedi con grande dispendio di risorse ma sempre con risultati non definitivi. Sul lato del governo della domanda, la Regione dovrebbe da una parte attivarsi per accertare la appropriatezza delle richieste in base al quesito clinico, inserendo nel sistema un filtro in grado di verificare la compatibilità della prestazione richiesta con la relativa classe di priorità indicata secondo le linee guida del Manuale RAO (strumento validato da AGENAS) a pena di esclusione dal sistema. Dall’altra parte, sul lato del governo dell’offerta, le Aziende devono individuare, all’interno del loro territorio, una sede (un poliambulatorio distrettuale con adeguata dotazione tecnologica) ogni 200 mila abitanti almeno, dove garantire al 100% il rispetto dei tempi di attesa per classe di priorità delle prestazioni. In queste sedi devono convergere su base volontaria specialisti e infermieri che aderiscano a programmi di libera professione retribuita dall’azienda per abbattimento delle liste di attesa, finanziata con quota parte dei proventi aziendali della ALPI, ovvero della libera professione istituzionale. Eventualmente, quota parte di questi proventi potrà essere impiegata per sostenere “addendum” contrattuali con le strutture private accreditate convenzionate, in ragione delle esigenze di abbattimento dei tempi di attesa.
Infine, mi sembra rilevante sottolineare che la regione Puglia deve portare a compimento la trattativa con il Governo centrale per superare definitivamente la fase del programma operativo di uscita dal piano di rientro che priva la regione del suo legittimo potere di iniziativa, e ritornare così ad essere padrona del proprio destino in ambito socio-sanitario.