Il recentissimo accordo integrativo sottoscritto dai sindacati della Medicina di Famiglia e dalla regione Puglia lo scorso 12 maggio 2025, apre scenari molto interessanti relativamente al destino dei copiosi investimenti resi possibili dal PNRR, in particolare il finanziamento delle case della comunità e della assistenza domiciliare. Ciò che occorre adesso è una forte volontà politica affinché, invece di servire soltanto a soddisfare legittime aspettative di categoria, questo accordo diventi la base di un programma concreto di politica sanitaria con obiettivi definiti e misurabili. Alcuni spunti concreti per una strategia operativa sul territorio.
Mentre cresce l’inconcludente polverone mediatico sulla riforma dell’ordinamento della Medicina di famiglia (in pratica la trasformazione dello status del medico di famiglia da professionista convenzionato a dipendente del SSN), la regione Puglia incassa un risultato non da poco grazie alla firma di un accordo integrativo regionale con la Medicina di famiglia finanziato per circa 90 milioni di euro, il quale sembra volersi fare carico della transizione epidemiologica sociale e sanitaria tenendo conto degli investimenti importanti che il PNRR ha reso possibile sull’intero territorio regionale.
Parliamo del potenziamento della rete dei servizi territoriali previsto dalla Missione Salute del PNRR, incardinato nella DGR Puglia n. 1729 del 2023, e dei successivi provvedimenti di dettaglio relativi alla realizzazione di Case della Comunità, Centrali Operative Territoriali, Ospedali di Comunità, Assistenza Domiciliare su tutto il territorio regionale, un programma inizialmente finanziato per circa 800 milioni di euro del PNRR, in seguito rimodulati e attualmente in ritardo rispetto alle scadenze previste. Si tratta della architettura di strutture e servizi che, in coerenza con il D.M. n. 77/2022, deve costituire lo strumento vitale per la sanità regionale al fine di garantire la presa in carico soprattutto dei cronici e dei fragili, prevenire accessi impropri al Pronto soccorso, ridurre i ricoveri ospedalieri evitabili, promuovere campagne di educazione e prevenzione nei contesti domiciliari e comunitari, in una parola concretizzare quel potenziamento della assistenza territoriale giudicato necessario anche in conseguenza di quanto successo in occasione della pandemia Covid-19 (a questo proposito molto grave risulta l’astensione dell’Italia dalla approvazione del nuovo piano pandemico dell’OMS). Questo nuovo accordo regionale di fatto introduce nell’ordinamento il principio che i medici di famiglia devono lavorare in costante rapporto di associazione tra di loro, potendo accedere a forme associative a complessità crescente ovvero costitute da un numero variabile di medici, ma con una caratteristica in comune ovvero la condivisione del luogo di lavoro per tutta la settimana lavorativa (in modo parziale o totale dipende dal numero dei medici associati).
Nei poliambulatori condivisi sarà possibile realizzare i programmi di assistenza specialistica e di diagnostica di primo livello, presa in carico per interventi di assistenza domiciliare sia sanitaria che socio-sanitaria, anche grazie alla presenza di personale infermieristico dipendente delle associazioni ma finanziato con fondi dell’accordo regionale. Non sfugge a nessuno la grande opportunità che si apre per la regione Puglia di allocare medici di famiglia, specialisti e altri professionisti sanitari dipendenti delle ASL nei luoghi deputati alla presa in carico del cittadino, siano essi i Presidi Territoriali di Assistenza introdotti nel 2019 o le nuove Case della Comunità finanziate con le risorse del PNRR, peraltro valorizzando consolidate esperienze pilota, tra tutte quella del Centro Polifunzionale di Trani realizzato nell’ex ospedale oggi PTA (CPT di Trani, andare a vedere per credere che un’altra sanità è possibile). Ovviamente tutto questo non può essere demandato soltanto alla spontanea volontà dei medici di famiglia, ma deve costituire un obiettivo prioritario e vincolante per le ASL. Queste devono promuovere e realizzare le suddette modalità organizzative della medicina di famiglia e procedere ad una integrazione strutturale e funzionale con le risorse delle ASL (strutture e professionisti), mettendo a frutto gli accordi decentrati a livello aziendale, finanziati con le risorse non indifferenti dell’accordo regionale appena sottoscritto. In questo processo è necessario il concorso di tutti i livelli di governo sanitario, da quello regionale a quello aziendale, dal middle management dei distretti socio-sanitari al management professionale operativo sul territorio.
La regione Puglia è perfettamente in grado di reggere questa sfida anche grazie alla profonda opera di potenziamento culturale che negli ultimi dieci anni ha visto impegnate prestigiose istituzioni scientifiche, in particolare la School of Management della LUM, nel promuovere una autentica crescita della cultura manageriale nelle ASL. Anche dal punto di vista politico, essendo ormai giunto questo Governo regionale alla sua naturale scadenza, la congiuntura è propizia per favorire nei prossimi mesi una transizione di governo capace di recepire le potenzialità di questo recente accordo e di valorizzarne tutte le opportunità, assegnando ai Direttori Generali delle ASL obiettivi specifici in tal senso e conferendo loro le risorse adeguate per realizzarli, mediante accordi integrativi aziendali con la medicina generale e un adeguato management delle non indifferenti risorse pubbliche disponibili.